10 anni di 5 per mille e un dato certo che emerge è il successo in termini di comunicazione. Se solo dovessimo censire la quantità di claim pubblicitari creati e utilizzati in questi anni per le campagne a favore del 5 per mille, produrremmo un libro di un centinaio di pagine. È un dato numerico che dimostra lo sforzo e l’impegno profuso dalla miriade di organizzazioni grandi e piccole. Ed è anche la dimostrazione di come quest’iniziativa di legge le abbia costrette ed incentivate a comunicare per chiedere risorse a favore della propria organizzazione.
Da questo punto di vista si conferma l’efficacia della legge nata negli anni ’90 nei paesi ex-comunisti e nota come “one percent law” proprio per dare impulso alla crescita di forme aggregative della società civile che erano state osteggiate sino a quel momento.
Un successo? La risposta sta negli obiettivi che si era posto il legislatore, in un contesto come quello italiano, dove abbiamo un problema inverso – la eccessiva proliferazione e frammentazione di forme associative – l’impatto è stato quello di incentivare le attuali circa 400 mila organizzazioni censite, all’attivazione e al ricorso a questa forma di sostegno. Il risultato immediato è stato quello di una frantumazione di contributi di cui si fa davvero fatica a comprendere l’impatto in termini di utilità sociale, se non concentrandosi su un centinaio di organizzazioni.
Gli obiettivi dichiarati erano tanti, ogni forza politica ne cercava una un appiglio al proprio indirizzo, fiscalità decentrata, sussidiarietà, responsabilità civile e cosi via di fatto era una disposizione messa nella legge di bilancio e quindi nulla di strutturale tanto che gli anni a seguire puntualmente a disposizione veniva dimenticata e solo il movimento delle ONP che intanto aveva colto questa opportunità la riportava puntualmente in auge con diverse traversie.
Vediamo allora cosa hanno prodotto questi 10 anni.
Nel 2006 c’è stato un vero e proprio debutto al di sopra delle aspettative. Ben 13 milioni di contribuenti che optano per una scelta a favore del 5 per mille. Numero destinato a crescere nei dieci anni successivi fino a oltre 16 milioni. Nel dettaglio, si è trattato di una crescita accumulata nei primi 5 anni che si è rallentata nei successivi 4, fino al 2015 quando, per la prima volta, abbiamo avuto una riduzione delle preferenze totali.
Diversi i fattori cha hanno determinato questo fenomeno, ma sicuramente, a questo rallentamento della crescita, iniziato nel 2010, ha contribuito l’introduzione del tetto che ha disincentivato l’attività di promozione. In altri termini, con l’introduzione del tetto si è assistito al fenomeno paradossale per cui non si vedeva crescere il contributo al crescere delle preferenze. A riprova di questo, basta osservare che non si è mai rallentata la corsa ad entrare nel novero degli enti beneficiati dalle preferenze dei contribuenti. Nei 10 anni sono praticamente raddoppiati passando da quasi 30.000 a circa 55.000. Una crescita, tra l’altro, che se fosse stata proporzionale, oggi avrebbe dovuto presentare circa 19 milioni di preferenze.
Un successo, quindi, ma da relativizzare. L’effetto immediato è stato senz’altro quello di portar la maggior parte della popolazione italiana a prender confidenza con termini come ONLUS, 5 per mille, non profit. Si tratta però di un successo ridotto sotto il profilo della crescita del contributo determinato, e questo è da attribuirsi esclusivamente alle poche e grandi organizzazioni che appunto hanno trainato il successo e progressivamente spinto altre organizzazioni ad entrare. Poche e grandi organizzazioni che avevano già una cultura della raccolta fondi, che hanno investito su questa opportunità ed hanno ottenuto risultati importanti.
Si consideri che le prime 100 organizzazioni in Italia assorbono il 50% del contributo e questo tasso di concentrazione non si è arrestato di fronte all’incremento del numero di enti che accedevano. Al contrario, la concentrazione è aumentata per arrestarsi solo negli ultimi 3-4 anni. Il fenomeno non è da imputare alla crescita degli enti ma alla contrazione dell’investimento delle organizzazioni. In questi 10 anni le organizzazioni che hanno ottenuto meno di 100 preferenze sono aumentate di 22.000 unità, passando da 17.000 a 39.000.
Sono numeri impressionanti in termini di risorse. Occorre però riflettere sullo sforzo richiesto alle organizzazioni per arrivare a risultati non particolarmente sodisfacenti, se considerati dal punto di vista investimento/raccolta. Basti pensare che queste 39.000 organizzazioni, messe insieme, hanno raccolto nel 2015 solo 44 milioni di euro con un contributo medio di poco più di 1000 euro. Se a questo si aggiunge il fatto che, per quanto piccola possa essere stata la spesa per la promozione, mediamente non possa essere stata al di sotto di qualche centinaia di euro, allora si ha l’evidenza di quanto sopra enunciato.
Visto che nella riforma del Terzo Settore si parla si parla molto di Valutazione d’impatto, di rendicontazione, di divieto all’uso di risorse per attività promozionale, che significato potrebbe avere 1.000 euro?
Abbiamo inoltre notato una tendenza al protagonismo delle grandi organizzazioni abituate alla raccolta fondi, che solo negli ultimi anni 3-4 anni ha visto un’inversione con un progressivo avanzamento delle organizzazioni che hanno una valenza territoriale e che stanno progressivamente intaccando le preferenze un tempo destinate alle grandi organizzazioni.
Da cosa si desume? Non abbiamo a disposizione dei dati ufficiali. Abbiamo quindi desunto questa tendenza dalla distribuzione geografica delle preferenze ottenute dai singoli territori, mettendole in relazione col numero di contribuenti e con il numero di enti. Ebbene, se da una parte città come Roma e Milano (città che accolgono le sedi legali delle principali organizzazioni) hanno visto una progressiva perdita di preferenze, dall’altra, sono i territori con una maggiore presenza aggregativa, con una cultura della partecipazione alla cosa pubblica, che conquistano da sempre, maggiori preferenze e che, progressivamente, vanno conquistando preferenze togliendole alle grandi organizzazioni piuttosto che conquistandone di nuove, nonostante la presenza ancora di circa un 40 % di preferenze inespresse.
Al di là degli obiettivi iniziali del legislatore, oggi il 5 per mille è Legge ma è anche parte della cultura del Terzo settore. Attendiamo la riforma, ma intanto i nuovi obiettivi oggi sono conquistare i nuovi target, conquistare i 12.000.000 di preferenze inespresse e far riprendere l’andamento di crescita delle preferenze complessive.
Concludo con una considerazione finale su chi sono oggi i contribuenti che stanno destinando il 5 per mille, anche qui non esistono dati diretti ma stime. Da un lato, abbiamo circa 41 milioni di contribuenti e circa 30 milioni con un’imposta netta maggiore di zero – quindi con una consistenza di contributo 5 per mille – ma di questi abbiamo visto che solo 16 milioni optano per una scelta; gli altri o non sono attratti o non sanno che hanno questa opportunità di “donare” (e basta con “non costa nulla!”) con una semplice firma 10-20-30 o più euro.
Dei 16 milioni di contribuenti, si stima che circa il 75 % facciano il 730, il 24% la dichiarazione UNICO mentre 1 % presenta esclusivamente la destinazione attraverso il CU (certificazione Unica) possiamo, anche se con approssimazione, dire che sono proprio questi i nuovi target.